COS’È IL CONGEDO PARENTALE

Il congedo parentale è un periodo di astensione dal lavoro facoltativo concesso ai genitori (madre e padre) per prendersi cura del bambino nei suoi primi 12 anni di vita. Si tratta di una scelta libera – ecco perché si parla di congedo facoltativo – a differenza del congedo di maternità o del congedo di paternità per la nascita del figlio che è obbligatorio, seppure estendibile poi in via facoltativa.

Il congedo parentale o facoltativo spetta sia alla madre che al padre, dura 10 mesi (elevabili a 11 nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) da ripartire tra i due genitori. Per un periodo di 9 mesi è indennizzato dall’INPS. I periodi di congedo parentale possono essere fruiti dai genitori anche contemporaneamente.

Fino a prima della riforma, la copertura INPS era pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo di congedo. Dal 2023 la copertura INPS è per 8 mesi pari al 30% della retribuzione e per un mese pari all’80% della retribuzione per quanto riguarda i lavoratori dipendenti ma solo se fruito entro i primi 6 anni di vita come previsto dalla Legge di Bilancio 2023 e alle novità del 2023 in materia di congedo .

Il congedo parentale, come tutte le misure a sostegno della genitorialità in materia di lavoro, è disciplinato dal Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Nel tempo la norma è stata più volte rimodulata, come con le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2022 e dal Decreto conciliazione vita lavoro che attua la direttiva (UE) 2019/1158 in tema di work-life balance.

La normativa è complessa, ma di seguito spieghiamo tutte le regole in modo chiaro e dettagliato, tenendo conto di tutte le novità introdotte fino al 2023.

A CHI SPETTA IL CONGEDO PARENTALE

Sebbene con alcune differenziazioni, che vi spiegheremo nel corso di questo stesso articolo, il congedo parentale spetta a tutti i lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, genitori naturali e genitori adottivi o affidatari.

Si tratta, in particolare:

  • dei lavoratori e lavoratrici dipendenti del settore privato. Questa categoria ha diritto al mese di congedo indennizzato all’80% previsto dalla Legge di Bilancio 2023 (Circolare INPS 45 del 16-05-2023);
  • dei lavoratori e lavoratrici dipendenti del settore pubblico, come chiarito dalla Circolare INL n. 9550 del 6 settembre 2022in cui si legge che le disposizioni in materia di congedi, permessi e altri istituti oggetto del decreto, “salvo che non sia diversamente specificato, sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni” (art. 1, comma 2, d.lgs. 105/2022), in un’ottica di piena equiparazione dei diritti alla genitorialità e all’assistenza. Anche questa categoria, come spiegato dalla Circolare INPS 45 del 16-05-2023, ha diritto al mese di congedo indennizzato all’80% previsto dalla Legge di Bilancio 2023;

Il congedo parentale non spetta:

  • ai genitori disoccupati o sospesi,
  • ai genitori lavoratori domestici;
  • ai genitori lavoratori a domicilio.

Nel caso in cui il rapporto di lavoro in atto cessi all’inizio o durante il periodo di fruizione del congedo, il diritto al congedo stesso viene meno dal momento in cui è cessato il rapporto di lavoro.

A QUANTO AMMONTA IL CONGEDO PARENTALE INPS

Parte del periodo di astensione dal lavoro è indennizzata dall’INPS. Più precisamente, il congedo parentale dà diritto a un’indennità pari al 30% per 8 mesi, e all’80% per l’ultimo mese, della retribuzione media giornaliera del genitore lavoratore interessato. Il mese indennizzato all’80% però, come spiegato nella Circolare INPS 45 del 16-05-2023, spetta solo ai lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico (sono esclusi gli autonomi e quelli iscritti alla Gestione Separata per i quali è prevista una specifica normativa che spieghiamo di seguito).

La retribuzione media va calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo di congedo. È comprensiva del rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e degli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati.

Come chiarito dall’INPS nella Circolare INPS 21 aprile 2023, n. 43, il genitore lavoratore dipendente che nel 2023 chiede periodi di congedo parentale, ha diritto all’indennità del 30% se il proprio reddito individuale è inferiore a due volte e mezzo l’importo annuo del trattamento minimo di pensione. Per il 2023 il valore provvisorio di tale importo risulta pari a 18.321,55 euro (7.328,62 euro per 2,5).

È bene chiarire che questa tipologia di congedo è diversa dal congedo di maternità e dal congedo di paternità per i “nuovi nati” (oppure adottati o affidati) che, invece, durante il periodo indennizzato viene retribuito dall’80% al 100% dall’INPS.

QUANDO SI PUÒ FRUIRE DEL CONGEDO PARENTALE

I genitori lavoratori possono fruire del congedo parentale, inteso come periodo di astensione dal lavoro, in maniera facoltativa fino ai 12 anni del figlio per tutti i lavoratori (esclusi i lavoratori autonomi per cui è fruibile entro il 1° anno). Limite di età che, grazie al Decreto conciliazione vita lavoro, coincide ora anche con limite di età entro cui è riconosciuta la retribuzione per il periodo indennizzato (prima era 6 anni, 8 per i genitori con basse retribuzioni). I 12 anni si contano anche dall’ingresso in famiglia del bambino in caso di adozione o affidamento. Come accennato, invece, il mese di congedo indennizzato all’80% spetta solo ai lavoratori dipendenti entro i primi 6 anni di vita (o di ingresso in famiglia in caso di adozioni) del minore.

COME FUNZIONA IL CONGEDO PARENTALE E QUANTO DURA

Il congedo parentale può essere fruito a ore o a giorni, non solo a mesi. Quindi il lavoratore può astenersi dal lavoro per alcune ore, per alcuni giorni o per interi mesi. La durata precisa, tuttavia, varia a seconda che i genitori ne fruiscano separatamente o congiuntamente e, in alcuni casi, a seconda della composizione familiare e della tipologia di lavoratore. Inoltre non bisogna confondere la durata indennizzata dall’INPS con la durata massima di congedo che può essere concessa. Ecco come funziona nei diversi casi.

L'art. 32 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151

La legge n. 151/2001 prevede la possibilità di fruire del congedo parentale anche su base oraria, rinviando alla contrattazione di settore le modalità di fruizione nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.

In particolare, l’art. 32 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, prevede che ciascun genitore lavoratore dipendente possa assentarsi dal lavoro per un periodo di 6 mesi, anche frazionabile, nei primi 12 anni di vita del bambino.

 Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell’ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

  1. alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
  2. al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;
  3. qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.

Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi.

Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.

LEGGE 104/92 E CONGEDO PARENTALE:

Permessi retribuiti ai sensi della legge 104/92

(Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate art. 3 comma 3 e art. 33 comma3 e 6 L. 104/92)

La persona che chiede o per la quale si chiedono i permessi di cui alla L. 104/92 deve sottoporsi ad apposita visita medico-legale, da prenotare presso l’INPS per il tramite del proprio medico curante.

Beneficiari

  • disabili in situazione di gravità;
  • genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità;
  • coniuge, parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità. Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di 3° grado soltanto qualora i genitori il coniuge della persona con disabilità grave abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Requisiti

  • essere lavoratori dipendenti;
  • la persona che chiede o per la quale si chiedono i permessi sia in situazione di disabilità grave ai sensi dell’art.3, comma 3, della legge 104/92 riconosciuta da apposita Commissione Medica Integrata;
  • mancanza di ricovero a tempo pieno della persona in situazione di disabilità grave le uniche deroghesono:
    • nel caso in cui il disabile si trovi nella necessità di dover effettuare visite o terapie al di fuori della struttura, che non siano garantite dalla stessa. (dovrà essere prodotta all’amministrazione idonea documentazione);
    • quando l’assistenza da parte di un genitore o di un familiare sia richiesta dai sanitari della struttura;
    • in caso di stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine del disabile.

Benefici

La persona che chiede o per la quale si chiedono i permessi può beneficiare di 3 giorni di permesso mensile. Viene meno la figura del referente unico. I permessi, fermo restando il limite complessivo di tre giorni, possono essere riconosciuti, su richiesta del dipendente, a più soggetti beneficiari, sopra indicati, che possono fruirne in via alternativa tra loro. L’alternatività si intende riferita solo al numero complessivo dei giorni di riposo fruibili nel mese, consentendo quindi ai genitori di effettuare assenze contestuali dal lavoro. I giorni di permesso non fruiti in un mese non possono essere cumulati con quelli spettanti il mese successivo.

I genitori anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità di età fino ai 12 anni possono fruire, anche quando l’altro genitore non ne ha diritto, di:

  • tre giorni di permesso mensile
  • prolungamento del congedo parentale previsto fino al 12° anno di età del bambino, fruibile in maniera continuativa o frazionata per un periodo massimo non superiore ai 3 anni, comprensivo quindi dei periodi di astensione facoltativa.

Il suddetto prolungamento decorre dalla conclusione del periodo di congedo parentale teoricamente fruibile. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.

I periodi richiesti sono retribuiti con un’indennità pari al 30% dello stipendio fino al compimento dei 12 anni del bambino. I periodi sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità.

Il coniuge, i parenti e gli affini entro il 2° grado di persone in situazione di disabilità grave possono usufruire di:

  • tre giorni di permesso mensile

L’accesso ai benefici di cui sopra può essere esteso ai parenti e agli affini di 3° grado qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità grave abbiano compiuto 65 annidi età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.