WELFARE LAVORATORI DEL SETTORE PRIVATO

La Normativa

La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto numerose novità e ha delineato in maniera precisa le prestazioni, i beni e i servizi che possono rientrare nella disciplina del welfare aziendale, le modalità di erogazione e i criteri di accesso ai benefici fiscali previsti. Questo nuovo intervento legislativo testimonia la continua e crescente incentivazione delle forme sussidiarie di welfare. Il welfare aziendale ha acquisito un nuovo e più ampio significato divenendo uno strumento per rafforzare la sostenibilità dell’impresa, facendo leva sul benessere dei lavoratori e delle loro famiglie. Una leva di politica del personale, certamente, ma di rilievo strategico perché permette di gestire il ruolo sociale dell’impresa, non solo nei confronti della comunità aziendale ma anche all’esterno di essa. I provvedimenti del governo hanno incentivato la diffusione del welfare aziendale considerato anche come fattore positivo sul piano delle relazioni sindacali, come argomento di dialogo e confronto concretizzato poi in accordi di secondo livello. Le leggi di stabilità del 2017 e 2018 hanno poi ampliato la possibilità di attivazione di piani di welfare aziendale grazie all’introduzione della possibilità di convertire in welfare i premi di risultato. Ma non solo: negli anni sono state inserite altre novità e definiti ancor meglio i “confini” del welfare aziendale, introducendo tra questi, ad esempio, il trasporto pubblico. Segue lo studio delle modalità di implementazione e di erogazione dei benefici, anche tramite providers specializzati. Infine, poiché il tessuto italiano è composto prevalentemente da aziende di piccola e media dimensione, è stato affrontato il tema delle reti di impresa e del welfare territoriale, fenomeno in via di sviluppo che ha consentito di applicare il welfare anche a queste realtà, ovviando ai loro limiti strutturali. Oltre alle leggi di stabilità, il welfare aziendale è rinvenibile anche in diverse leggi: previdenza complementare (D.lgs. n. 252/2005) – assistenza sanitaria integrativa (D.L. n. 502/1992, D.M. 31 marzo 2008, D.M. 27 ottobre 2009) – disciplina fiscale che regola la retribuzione non monetaria (D.P.R. n. 917/1986 TUIR).

Cosa si intende per welfare aziendale

Prima di analizzare i principali motivi che spingono le aziende a strutturare piani di welfare aziendale, occorre chiarirne la nozione. Il welfare aziendale può essere generalmente inteso come l’insieme di benefits e servizi forniti dall’azienda ai propri dipendenti al fine di migliorarne la vita privata e lavorativa, partendo dal sostegno al reddito familiare, allo studio, alla genitorialità, alla tutela della salute, fino a proposte per il tempo libero e agevolazioni di carattere commerciale. I lavoratori, in effetti possono usufruire di prestazioni previste dai propri contratti di lavoro e allo stesso tempo il datore di lavoro può usufruire di vantaggi fiscali, in quanto viene esonerato dal versamento dei contributi sul valore dei beni e servizi riconosciuti. Il welfare aziendale assume, dunque, una esplicita funzione economica in grado di unire l’esigenza di competitività delle imprese con quella di integrazione del trattamento retributivo dei lavoratori.

Benefit aziendali

I benefit aziendali, sono una serie di beni e servizi che l’azienda fornisce al lavoratore al di fuori dallo stipendio mensile previsto in busta paga. Rientrano all’interno di un piano di welfare aziendale, riguardano vari ambiti e diverse tipologie come per esempio i voucher welfare. 

Nello specifico, vediamo quali benefit sono messi a disposizione del welfare aziendale:

Sanità:

visite specialistiche, prestazioni, check up medici, trattamenti fisioterapici e odontoiatrici, controlli oculistici, medicina sportiva e alternativa.

Trasporto pubblico:

abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale per il dipendente ma anche per i familiari (coniuge e figli) in situazioni particolari.

Istruzione e formazione:

corsi di lingua e di informatica, libri di testo, materiali didattici.

Buoni acquisto:

il dipendente può utilizzarli attraverso un’ampia rete di esercizi convenzionati per lo shopping, la spesa al supermercato e carburante.

Assistenza familiare:

Baby sitter, ludoteche, residenze per anziani e badanti. fisioterapiche e infermieristiche. 
Ma rientrano anche i servizi di baby-sitting e nidi aziendali.

Previdenza:

versamenti al fondo di previdenza complementare aziendale e/o privato a cui il dipendente è iscritto.

Viaggi:

voli, hotel, pacchetti vacanza, appartamenti, B&B, vacanze con tour operator e agenzie di viaggio.

Cultura & tempo libero:

attività culturali come cinema, spettacoli e concerti

Buoni pasto:

rappresentano il servizio sostitutivo di mensa e possono essere usati per la pausa pranzo e la spesa al supermercato.

Sport e benessere:

abbonamenti in palestra, corsi sportivi, piscine, impianti sciistici, centri benessere.

Mutui e finanziamenti:

rimborso degli interessi passivi.

 

Dunque con welfare aziendale, si intendono tutte quelle integrazioni alla retribuzione, non monetarie, che le aziende possono attivare per garantire il benessere dei lavoratori; integrazioni che influiscono sul potere d’acquisto del lavoratore e che hanno come obiettivo quello di migliorare la sua vita quotidiana, aumentando anche la sua produttività. Ovviamente i benefit aziendali sopra citati sono quelli che si conoscono maggiormente, ma bisogna fare una differenza ulteriore e cioè tra i fringe benefit e i flexibile benefit. 

I fringe Benefits

Sono i cosiddetti benefit “marginali”, ossia beni e servizi che vengono concessi dal datore di lavoro in modo discrezionale anche ad personam; ad esempio l’auto aziendale, il computer, lo smartphone aziendale e così via, solo per citarne alcuni. Si tratta dunque di compensi che fanno parte di quelle soluzioni alternative al reddito pertanto sono soggetti a tassazione agevolata. Con il Decreto Legge n.104/2020 e il Decreto Legge 41/2021 la soglia defiscalizzata dei fringe benefit è stata innalzata rispettivamente per l’anno 2020 e 2021, passando da 258,23 euro a 516,46 euro. Grazie al Decreto Aiuti-bis del 9 agosto 2022, n. 115 (convertito in legge 142/2022), la soglia è passata a 600 euro per l’anno fiscale 2022, includendo anche la possibilità di richiedere il rimborso delle spese sostenute per le utenze domestiche (gas, acqua e corrente elettrica). Il Decreto Aiuti Quater ha poi previsto per l’anno fiscale 2022 un ulteriore innalzamento della soglia dei fringe benefit a 3000 euro (oltre 10 volte la soglia standard prevista). 
Soglia che nel 2023 è tornata a essere 258,23 euro.  Oltre questa soglia di esenzione, questi beni concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente.

I flexible benefit

I flexible benefit invece, sono esonerati totalmente da imposte e contributi senza limiti di importo, quindi non incidono sul reddito del lavoratore, ecco perché c’è chi decide di convertire il premio di risultato in flexible benefit; essi possono essere concessi dalle aziende tramite 3 diverse modalità definite dalla normativa welfare a seconda della natura del servizio:

  • rimborso: il dipendente anticipa la somma di denaro e carica sul portale giustificativi, ricevute, scontrini delle spese che vuole portare a rimborso. Valgono anche se i giustificativi riguardano anni precedenti, purché le spese non siano state già portate in detrazione tramite il 730 dal lavoratore; 
  • acquisto: il dipendente non anticipa denaro, ma usufruisce delle prestazioni tramite la piattaforma generando voucher e/o buoni acquisto da consegnare direttamente all’esercente al momento della transazione; 
  • versamento: il dipendente decide se versare una parte o l’intera somma presente sul Conto Welfare al Fondo Previdenziale al quale è iscritto. È inoltre possibile, se previsto dal regolamento aziendale, effettuare versamenti alla Cassa Sanitaria per la copertura delle spese.

I flexible benefit sono estesi anche ai nidi aziendali, infatti chi ha famiglia apprezza sicuramente gli spazi dedicati ai propri figli, ma anche gli orari flessibili di entrata e uscita e lo smart working. Dunque pensare ad un piano welfare da parte delle aziende comporta numerosi vantaggi come:

  • i benefit aziendali avvicinano al lavoratore nel senso che permettono di dare un contributo nel migliorare la vita quotidiana del lavoratore, per cui è bene ascoltare le sue esigenze e capire come lo si può sostenere grazie a soluzioni adatte a lui; 
  • sono un riconoscimento concreto del lavoro dei dipendenti, un’integrazione dello stipendio, utilizzabile per le spese personali e familiari, che garantisce un aumento del potere d’acquisto; 
  • aumentano l’engagement del dipendente: ogni persona che si sente considerata e sostenuta nelle incombenze quotidiane o in situazioni delicate dal punto di vista della salute o della gestione familiare difficilmente lo scorda; 
  • migliorano l’employer branding e rendono l’azienda un posto dove le persone vorrebbero venire a lavorare. Oltre a essere un modo per conquistare i dipendenti, sono un modo per attrarre candidati attivi, ma anche passivi.

In conclusione si può affermare che tutti i beneficiari di un piano di welfare aziendale possono godere di vantaggi fiscali e accedere a beni e servizi per sé e i propri familiari e quindi è bene da parte delle aziende nello sviluppo di un piano di welfare individuare i beneficiari in riferimento alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti affinché le somme destinate possano risultare non imponibili.